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Femminicidio e violenza sulle donne

Il termine “femminicidio”, che è entrato a far parte del vocabolario italiano solo a partire dal 2001, identifica l’uccisione di una donna. I numeri di questo fenomeno sono a dir poco spaventosi: nei primi undici mesi del 2022 in Italia sono state uccise 104 donne. Di questi delitti, 88 sono avvenuti in ambito familiare o affettivo, mentre per ben 52 volte l’assassino era il partner o l’ex[1]. La violenza sulle donne è invece un fenomeno più complesso che comprende «ogni atto di violenza fondata sul genere che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà», come recita l’art. 1 della Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne delle Nazioni Unite, approvata nel 1993.

Dove vanno ricercate le cause di questi fenomeni?

Nel corso dei secoli la differente funzione biologica tra uomo e donna è stata alla base della divisione dei ruoli. In particolare grazie all’alleanza tra il pensiero del logos occidentale e quello religioso è stata proposta per secoli l’idea che la donna sarebbe il sesso debole, e di fatto, un essere inferiore. Ecco alcuni esempi emblematici: per Platone, nell’uomo esiste “una parte superiore, nobile e pura, l’anima razionale, ed una parte inferiore, animalesca e pericolosa, che ha sede nel corpo e nei suoi istinti, mentre la femmina incarna la sfera degli istinti naturali e selvaggi, è una specie inferiore al maschio”, che rappresenta invece la superiorità della ragione[2]. Pitagora invece proponeva “l’esistenza di un principio del Bene, che ha creato l’ordine, la luce e l’uomo e di un principio del Male che ha creato la donna, il caos e le tenebre”[3]. Infine, Sant’Agostino ci racconta che Dio ha punito l’uomo per il suo originario peccato d’orgoglio, condannandolo a vivere la sessualità come triste necessità e vergogna. “La donna, che ha ceduto per prima alla tentazione, dovrà partorire con dolore e sottomettersi all’uomo”[4]. Queste credenze hanno influenzato la vita degli esseri umani, determinando abomini come la figura del pater familias che di fatto disponeva della donna come se fosse una sua proprietà. Oggi possono sembrare distanti le notizie che arrivano dall’Iran dove le donne non possono permettersi di non indossare il velo, pena il carcere o la morte, oppure in Afghanistan dove gli uomini talebani impongono alle donne di non andare a scuola “per il loro bene”. Ma dobbiamo ricordarci che solamente nel 1981 in Italia furono abolite le norme sul ‘Delitto d’onore’, e quella del cosiddetto ‘matrimonio riparatore’, che di fatto cancellava la colpa di chi stuprava una donna se poi la sposava.

La matrice socio-culturale-religiosa pertanto ha un impatto enorme su questo fenomeno.

Cosa c’entra la psichiatria con la violenza sulle donne?

L’impatto del contesto culturale non basta a spiegare perché un uomo agisca una violenza sulla donna. Tanto per cominciare alla base di una violenza fisica c’è a monte un pensiero violento e malato che può restare nascosto anche per un lungo periodo ma che in certi casi arriva ad esprimersi a livello comportamentale. Ad esempio, nella maggioranza dei casi il femminicidio è attuato da un ex marito o compagno che non accetta la separazione o la nuova relazione della donna. Il delitto ha a monte un pensiero violento di possesso, per cui un essere umano, la donna, diventa un oggetto di proprietà di un altro essere umano, l’uomo. La donna quindi viene svuotata della propria identità: non è più un essere umano, ma un oggetto. Se l’uomo non si rapporta più alla donna ma a una cosa[5], si capisce come siamo in presenza un pensiero malato che annulla lo status di essere umano alla donna e che agisce su di essa una violenza psichica.

Ma come si passa dalla violenza psichica ad una fisica?

Noi psichiatri sappiamo che la causa della dinamica appena descritta è l’anaffettività, che il prof. Massimo Fagioli ha scoperto essere dovuta alla pulsione di annullamento[6].  Anaffettività che può arrivare ad annullare l’identità di un altro essere umano e renderlo oggetto dopo averlo privato di qualità umane quali l’intelligenza e la vitalità. Con una separazione, paventata o attuata, la vittima si propone come esistente e più che mai vitale scatenando nell’aggressore una violenza mirata alla sua eliminazione fisica.  Quindi da una violenza psichica si passa ad una agito violento.

Cosa si può fare per contrastare il fenomeno?

Come in altri ambiti medici e psicologici, la prevenzione ha un aspetto predominante. Dal punto di vista sociale, politico e culturale, occorre sensibilizzare sempre di più l’opinione pubblica su queste tematiche. È importante evidenziare le dinamiche psichiche patologiche che sono alla base di questi fenomeni, così da poterle riconoscere e affrontare prima che si arrivi alla tragedia. In una psicoterapia, i pazienti uomini dovranno affrontare e superare la loro violenza, così come le donne dovranno acquisire gli strumenti per riconoscere la violenza invisibile e rifiutarla prima che venga agita.

 

Dr. Valentino Righetti, psichiatra e psicoterapeuta.

 

[1] https://www.poliziadistato.it/articolo/presentato-il-report-il-pregiudizio-e-la-violenza-contro-le-donne.

[2] “Simposio o sull’Amore”, Feltrinelli 1995.

[3] Cigala Fulgosi Fulvia, Di Sabatino Dorina. Amore senza Bugie. Storia e scoperta della sessualità. L’Asino d’oro, Roma.

[4] Agostino, Opera OMNIA vol.18, Polemica con Giuliano: Le nozze e la concupiscenza, Contro le due lettere dei Pelagiani, Contro Giuliano, “Nuova biblioteca Agostiniana”, Città nuova editrice, Roma 1985.

[5] Intervista a Massimo Fagioli su Il fatto quotidiano, 6 luglio 2014. Disponibile online a questo link: https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07/06/violenza-di-genere-il-femminismo-non-e-bastato-a-superarla-il-pensiero-di-massimo-fagioli/1051191/.

[6] Fagioli, M. Istinto di morte e conoscenza. L’asino d’oro edizioni, Roma 2017.